Direttamente dal freddo Canada, e più precisamente da Hamilton, Ontario, tornano a farsi vivi i Monster Truck, che possiamo definire in ogni modo... ma sicuramente non freddi!
In molti di voi probabilmente conosceranno già la proposta di questi quattro ragazzi nord-americani, molti di voi ma sicuramente non tutti, perché l'hard rock caldo, avvolgente e polveroso che propone questa band inspiegabilmente non le ha ancora permesso di arrivare ai vertici delle classifiche mondiali.
Poco importa però, perché a questi musicisti sembra interessare molto più della purezza della musica proposta che non del successo, e a dimostrarlo non ci poteva essere un nome più adatto per l'ultimo album pubblicato: "True Rockers".
L'amore per il genere proposto diventa ancora più esplicito con l'omonimo brano d'apertura, che vede la partecipazione di uno scatenato Dee Snider in versione predicatore, intento a convincere i discepoli ad urlare fieramente la propria passione per la musica rock. Un momento semplicemente sensazionale.
In generale colpisce la genuinità che trasmettono le composizioni dei Monster Truck, che in brani come "Thundertruck" o "Being Cool Is Over" emerge con una grinta pazzesca, in grado di mettere in movimento le rilevazioni sismiche in giro per il mondo. L'abilità sta poi anche nel riuscire a bilanciare un certo gusto "vintage" - sottolineato dagli inserti di Hammond - con un sound e un'attitudine assolutamente contemporanea, in modo da evitare il sempre pericoloso effetto "cover band".
Non solo rock veloce e travolgente però, poiché i nostri dimostrano anche un'inclinazione piuttosto blues, vedasi un pezzo come "Devil Don't Care", che probabilmente è addirittura la miglior composizione del lavoro.
La voce del cantante e bassista Jon Harvey non spicca per doti tecniche estreme, ma è semplicemente perfetta per il genere proposto: corposa e graffiante al punto giusto, inserita perfettamente nel lavoro degli strumenti, che creano un suono compatto e coerente.
I ritmi poi possono anche rallentare, con un pezzo più introspettivo come "Undone", per poi esplodere nuovamente come un vero e proprio pugno nello stomaco, con la trascinante "Hurricane", fino ad arrivare a ritmiche quasi ipnotiche in alcuni passaggi della riuscitissima "In My Own World".
In definitiva siamo di fronte ad un album davvero completo, e soprattutto di fronte ad una band che meriterebbe un successo decisamente maggiore.
VOTO: 8/10
In molti di voi probabilmente conosceranno già la proposta di questi quattro ragazzi nord-americani, molti di voi ma sicuramente non tutti, perché l'hard rock caldo, avvolgente e polveroso che propone questa band inspiegabilmente non le ha ancora permesso di arrivare ai vertici delle classifiche mondiali.
Poco importa però, perché a questi musicisti sembra interessare molto più della purezza della musica proposta che non del successo, e a dimostrarlo non ci poteva essere un nome più adatto per l'ultimo album pubblicato: "True Rockers".
L'amore per il genere proposto diventa ancora più esplicito con l'omonimo brano d'apertura, che vede la partecipazione di uno scatenato Dee Snider in versione predicatore, intento a convincere i discepoli ad urlare fieramente la propria passione per la musica rock. Un momento semplicemente sensazionale.
In generale colpisce la genuinità che trasmettono le composizioni dei Monster Truck, che in brani come "Thundertruck" o "Being Cool Is Over" emerge con una grinta pazzesca, in grado di mettere in movimento le rilevazioni sismiche in giro per il mondo. L'abilità sta poi anche nel riuscire a bilanciare un certo gusto "vintage" - sottolineato dagli inserti di Hammond - con un sound e un'attitudine assolutamente contemporanea, in modo da evitare il sempre pericoloso effetto "cover band".
Non solo rock veloce e travolgente però, poiché i nostri dimostrano anche un'inclinazione piuttosto blues, vedasi un pezzo come "Devil Don't Care", che probabilmente è addirittura la miglior composizione del lavoro.
La voce del cantante e bassista Jon Harvey non spicca per doti tecniche estreme, ma è semplicemente perfetta per il genere proposto: corposa e graffiante al punto giusto, inserita perfettamente nel lavoro degli strumenti, che creano un suono compatto e coerente.
I ritmi poi possono anche rallentare, con un pezzo più introspettivo come "Undone", per poi esplodere nuovamente come un vero e proprio pugno nello stomaco, con la trascinante "Hurricane", fino ad arrivare a ritmiche quasi ipnotiche in alcuni passaggi della riuscitissima "In My Own World".
In definitiva siamo di fronte ad un album davvero completo, e soprattutto di fronte ad una band che meriterebbe un successo decisamente maggiore.
VOTO: 8/10
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