Gli anni passano, ma per milioni di persone in tutto il mondo un concerto degli Iron Maiden rimane qualcosa di imperdibile. Non fa eccezione la Svizzera, che anche questa volta riserva un Hallenstadion "sold out" per la Vergine di ferro. Per quel che ci riguarda, siamo costretti ad assitere allo show da una posizione piuttosto defilata; riusciranno i nostri eroi a coinvolgerci nonostante la situazione non ottimale?
Voodoo Six
A causa di un traffico infernale sulla strada per Zurigo, condito da un numero incredibile di lavori in corso portati avanti simultaneamente, ci perdiamo l'esibizione dei londinesi Voodoo Six. Niente gruppo di spalla quindi, si passa direttamente a Bruce e compagni!
Iron Maiden
L'Hallenstadion è gremito in ogni ordine di posti e la tensione aumenta nell'attesa della leggendaria band inglese. Come sempre in questi casi, il pubblico è estremamente eterogeneo, con giovani al primo concerto e attempati rocker ad animare l'arena. Tutti sono in trepidante attesa, sapendo bene che lo show sarà incentrato sul glorioso periodo dell'album "Seventh Son of a Seventh Son" (1988).
Le luci finalmente si spengono e parte un maestoso brano introduttivo, con gli schermi a lato del palco che proiettano immagini di acque e ghiacciai. Le potenti note lasciano spazio alla famosissima introduzione dell'album sopra citato, e i Maiden irrompono sul palco suonando "Moonchild", accompagnati da una spettacolare esplosione.
La scenografia è composta da un classico palco a due piani,che permette in particolare a Dickinson di scorrazzare in lungo e in largo, impadronendosi anche delle zone dietro la batteria. Sullo sfondo si scorgono teloni che cambieranno a dipendenza della canzone suonata.
Purtroppo l'inizio non è dei migliori, con un audio che definire insufficiente è riduttivo. Il pubblico risponde comunque presente, cantando i ritornelli assieme al gruppo. Per fortuna, già con la seconda canzone, "Can I Play With Madness", le cose cominciano a migliorare almeno un po' e la musica esce in modo più convinto dall'impianto audio.
Dickinson, che sfoggia capelli leggermente più lunghi rispetto al recente passato, si dimostra in una forma fisica smagliante, e si muove come un ossesso - anche più del solito - per tutta la durata del concerto. In alcune fasi sembra persino nervoso e non in grado di bruciare tutte le energie che ha in corpo. La prestazione vocale non ne risente, se non durante le corse più dispendiose.
Il resto del gruppo svolge il proprio lavoro con la solita professionalità, anche se personalmente ho notato qualche sbavatura da parte di Nico McBrain dietro alle pelli. I chitarristi sembrano tutti in forma, anche se è Adrian Smith il più convincente di tutti, mentre capitan Steve Harris al basso distribuisce dosi di grinta e sudore a tutti.
La scaletta, come già accennato, si basa su un periodo d'oro della band, e quindi il pubblico non può che venire conquistato dai grandi classici che si susseguono, come "The Trooper", "2 Minutes to Midnight", "The Number of the Beast" e "Run To The Hills", sorpendentemente posta a metà concerto. La parte del leone la fa però "Seventh Son of a Seventh Son", con - oltre alle canzoni già citate - l'omonimo brano, "The Evil That Men do" e "The Clairvoyant".
Ovviamente non poteva mancare qualche piccola trovata scenica, come il classico Eddie gigante che cammina sul palco, questa volta vestito da generale con tanto di spada, o qualche fiammata o esplosione, ma senza esagerare - se non in qualche brano -, perché il punto forte dei Maiden è la musica, senza bisogno di tanti fronzoli.
"Fear of the Dark" come sempre scalda i cuori di tutti i presenti, che cantano a squarcia gola praticamente ogni parte del pezzo. Il bis sarà invece affidato a "Aces High" e alla travolgente "Running Free", che mette la parola fine a un concerto forse non perfetto, ma coinvolgente e divertente per tutti i fortunati presenti.
Voodoo Six
A causa di un traffico infernale sulla strada per Zurigo, condito da un numero incredibile di lavori in corso portati avanti simultaneamente, ci perdiamo l'esibizione dei londinesi Voodoo Six. Niente gruppo di spalla quindi, si passa direttamente a Bruce e compagni!
Iron Maiden
L'Hallenstadion è gremito in ogni ordine di posti e la tensione aumenta nell'attesa della leggendaria band inglese. Come sempre in questi casi, il pubblico è estremamente eterogeneo, con giovani al primo concerto e attempati rocker ad animare l'arena. Tutti sono in trepidante attesa, sapendo bene che lo show sarà incentrato sul glorioso periodo dell'album "Seventh Son of a Seventh Son" (1988).
Le luci finalmente si spengono e parte un maestoso brano introduttivo, con gli schermi a lato del palco che proiettano immagini di acque e ghiacciai. Le potenti note lasciano spazio alla famosissima introduzione dell'album sopra citato, e i Maiden irrompono sul palco suonando "Moonchild", accompagnati da una spettacolare esplosione.
La scenografia è composta da un classico palco a due piani,che permette in particolare a Dickinson di scorrazzare in lungo e in largo, impadronendosi anche delle zone dietro la batteria. Sullo sfondo si scorgono teloni che cambieranno a dipendenza della canzone suonata.
Purtroppo l'inizio non è dei migliori, con un audio che definire insufficiente è riduttivo. Il pubblico risponde comunque presente, cantando i ritornelli assieme al gruppo. Per fortuna, già con la seconda canzone, "Can I Play With Madness", le cose cominciano a migliorare almeno un po' e la musica esce in modo più convinto dall'impianto audio.
Dickinson, che sfoggia capelli leggermente più lunghi rispetto al recente passato, si dimostra in una forma fisica smagliante, e si muove come un ossesso - anche più del solito - per tutta la durata del concerto. In alcune fasi sembra persino nervoso e non in grado di bruciare tutte le energie che ha in corpo. La prestazione vocale non ne risente, se non durante le corse più dispendiose.
Il resto del gruppo svolge il proprio lavoro con la solita professionalità, anche se personalmente ho notato qualche sbavatura da parte di Nico McBrain dietro alle pelli. I chitarristi sembrano tutti in forma, anche se è Adrian Smith il più convincente di tutti, mentre capitan Steve Harris al basso distribuisce dosi di grinta e sudore a tutti.
La scaletta, come già accennato, si basa su un periodo d'oro della band, e quindi il pubblico non può che venire conquistato dai grandi classici che si susseguono, come "The Trooper", "2 Minutes to Midnight", "The Number of the Beast" e "Run To The Hills", sorpendentemente posta a metà concerto. La parte del leone la fa però "Seventh Son of a Seventh Son", con - oltre alle canzoni già citate - l'omonimo brano, "The Evil That Men do" e "The Clairvoyant".
Ovviamente non poteva mancare qualche piccola trovata scenica, come il classico Eddie gigante che cammina sul palco, questa volta vestito da generale con tanto di spada, o qualche fiammata o esplosione, ma senza esagerare - se non in qualche brano -, perché il punto forte dei Maiden è la musica, senza bisogno di tanti fronzoli.
"Fear of the Dark" come sempre scalda i cuori di tutti i presenti, che cantano a squarcia gola praticamente ogni parte del pezzo. Il bis sarà invece affidato a "Aces High" e alla travolgente "Running Free", che mette la parola fine a un concerto forse non perfetto, ma coinvolgente e divertente per tutti i fortunati presenti.
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