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Moonspell - 1755

Questa volta non userò giri di parole: "1755" dei portoghesi Moonspell è una delle più belle cose che io abbia sentito negli ultimi mesi, forse negli ultimi anni. Si tratta di un album intenso e coinvolgente, che trasuda emozioni da ogni singola nota e che vi proietterà in una realtà lontana.

Come potete immaginare dal titolo, viaggerete nel tempo fino al 1755, per la precisione al primo novembre, quando avviene uno dei più terribili disastri che la storia ricordi: un violentissimo terremoto si abbatte su Lisbona, radendo completamente al suolo metà delle sue abitazioni e facendo circa 90'000 vittime, ovvero il 30% della popolazione. Il tutto è seguito da ondate provenienti dal mare stimate a 15 metri d'altezza e da frane sui monti circostanti. La potenza del sisma è tale da essere percepita in buona parte d'Europa e del Nord Africa. 

Ora, provate a immaginarvi l'impatto di un evento del genere sulla società dell'epoca, fortemente e ciecamente religiosa: si è trattato di un terremoto non solo fisico, ma anche morale, con chiese e cattedrali distrutte apparentemente senza ragione proprio il giorno di Ognissanti, da un Dio che non ha risparmiato nessuno, nemmeno i più fedeli. 

Perché mi soffermo così a lungo a raccontare questa storia? Semplice, perché il miglior modo per spiegare l'album dei Moonspell è proprio questo. Il disco - tra l'altro cantato interamente in portoghese, lingua che conferisce al tutto un tono quasi mistico - è stato scritto come se la band fosse presente in quei giorni, con una sofferenza e una rabbia che sono tangibili, in particolare nella voce di Fernando Ribeiro, che in alcuni frangenti comunica vera e propria disperazione, ringhiando contro questa punizione divina, proprio come devono aver fatto i portoghesi del tempo.

Fin dall'introduzione "En Nome do Medo", che non è nemmeno una vera e propria canzone, ma più una composizione orchestrale, è chiara l'intenzione di far trasparire tutta la potenza di questo tragico evento e delle sue conseguenze in ambito religioso, con cori fortemente evocativi e passaggi sfacciatamente epici. 

L'album è di una compattezza sconcertante, stabilmente su livelli alti o addirittura altissimi, e non molla di un millimetro, mai. Fin dalla title-track "1755" verrete risucchiati in questo turbine di violenza e disperazione, ma allo stesso tempo di bellezza e melodia, con emozioni vere e crude. Pezzi come "In Tremor Dei", che vede la riuscitissima partecipazione del cantante di Fado Paulo Bragança, vi andranno sotto pelle e non ne usciranno più. Lo stesso discorso vale per "Desastre", "Abanão" o la meravigliosa "Todos os Santos". È semplicemente una di quelle opere che non si smettono mai di ascoltare. 

A volerci riflettere bene, diventa quasi difficile catalogare lo stile musicale dell'album. Ci sono sicuramente influenze di Death melodico e anche di Thrash Metal. Il cantato di Ribeiro è interamente nel suo miglior growl. Il tutto è però un po' "smorzato" dalla costante presenza di orchestrazioni e cori e, in parte, anche dalla lingua portoghese, che dona sfumature assolutamente uniche. 

Il brano più tranquillo del lotto si pone in conclusione: "Lanterna dos Afogados", cover dei Os Paralamas do Sucesso. Si tratta di un finale giusto, più riflessivo, che lascia quasi un retrogusto amaro e ci permette di riflettere su questo viaggio che abbiamo appena vissuto. Un viaggio terribile, distruttivo e inquietante, ma allo stesso tempo bellissimo.

VOTO: 9+/10



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