Il 2016 è stato un anno glorioso per il Thrash Metal, con pubblicazioni riuscitissime da parte di Megadeth e Testament, per non parlare del maestoso ritorno dei Metallica. Così, i nostri cari amici Overkill, provano a non essere da meno continuando la stagione di successi anche in questo 2017.
Il buon vecchio Bobby e i suoi compagni d'avventura tornano sul mercato dopo l'ottimo "White Devil Armory", risalente al 2014, e lo fanno con un album buono, ma che a mio avviso convince solo in parte.
Il disco - intitolato "The Grinding Wheel" - parte con la canzone scelta anche come singolo: "Mean, Green, Killing Machine", un pezzo roccioso e interessante, che mostra anche una certa complessità, ma che proprio per questo non risulta il più adatto da piazzare in apertura, specialmente quando si è abituati a ricevere fin dall'inizio bordate in pieno volto. "Goddamn Trouble" aumenta il ritmo, ma anche in questo caso il tutto manca di una certa ferocia. "Our Finest Hour" è invece un pezzo riuscitissimo, con un ritornello melodico che vi rimarrà sicuramente in testa, creando uno dei momento più riusciti del disco.
La produzione dell'album è piuttosto buona e i suoni risultano belli rotondi, forse troppo, visto che un'attitudine volutamente più "grezza" avrebbe favorito la riuscita di diversi brani. Musicalmente, nonostante l'assenza di un po' di mordente, parliamo dei soliti Overkill, con ritmiche serrate, cambi di ritmo e un Bobby Ellsworth scatenato dietro al microfono.
L'assenza di veri cazzotti in pieno volto si fa un po' sentire, ma non voglio nemmeno essere troppo severo con la band, che ha comunque pubblicato un lavoro di buona qualità. E, ad ogni modo, le accelerazioni ci sono. Mi riferisco in particolare all'accoppiata "Red, White and Blue"/"The Wheel", che forniscono sia potenza che melodia, dimostrando ancora una volta la mia tesi di sempre, ovvero che gli Overkill sono una delle band più sottovalutate del panorama Metal
Questo non è stato il loro lavoro migliore, ma sono certo che ci daranno ancora grandi soddisfazioni in futuro, senza dimenticare che è sempre possibile assistere a uno dei loro devastanti concerti.
VOTO: 6,5/10
Il buon vecchio Bobby e i suoi compagni d'avventura tornano sul mercato dopo l'ottimo "White Devil Armory", risalente al 2014, e lo fanno con un album buono, ma che a mio avviso convince solo in parte.
Il disco - intitolato "The Grinding Wheel" - parte con la canzone scelta anche come singolo: "Mean, Green, Killing Machine", un pezzo roccioso e interessante, che mostra anche una certa complessità, ma che proprio per questo non risulta il più adatto da piazzare in apertura, specialmente quando si è abituati a ricevere fin dall'inizio bordate in pieno volto. "Goddamn Trouble" aumenta il ritmo, ma anche in questo caso il tutto manca di una certa ferocia. "Our Finest Hour" è invece un pezzo riuscitissimo, con un ritornello melodico che vi rimarrà sicuramente in testa, creando uno dei momento più riusciti del disco.
La produzione dell'album è piuttosto buona e i suoni risultano belli rotondi, forse troppo, visto che un'attitudine volutamente più "grezza" avrebbe favorito la riuscita di diversi brani. Musicalmente, nonostante l'assenza di un po' di mordente, parliamo dei soliti Overkill, con ritmiche serrate, cambi di ritmo e un Bobby Ellsworth scatenato dietro al microfono.
L'assenza di veri cazzotti in pieno volto si fa un po' sentire, ma non voglio nemmeno essere troppo severo con la band, che ha comunque pubblicato un lavoro di buona qualità. E, ad ogni modo, le accelerazioni ci sono. Mi riferisco in particolare all'accoppiata "Red, White and Blue"/"The Wheel", che forniscono sia potenza che melodia, dimostrando ancora una volta la mia tesi di sempre, ovvero che gli Overkill sono una delle band più sottovalutate del panorama Metal
Questo non è stato il loro lavoro migliore, ma sono certo che ci daranno ancora grandi soddisfazioni in futuro, senza dimenticare che è sempre possibile assistere a uno dei loro devastanti concerti.
VOTO: 6,5/10
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