Sarà per l’epico genere musicale proposto, o sarà per la scarsa frequenza delle pubblicazioni e dei relativi tour, ma i concerti dei Blind Guardian hanno sempre il sapore dell’evento. Come farsi quindi sfuggire l’occasione di vederli dal vivo a Düsseldorf e godersi una loro esibizione in una vera e propria partita giocata in casa, e pochi chilometri dalla natìa Krefeld?
Nonostante il freddo nome sponsorizzato, la Mistubishi Electric Halle si rivela un luogo ideale per assistere ad uno show: comoda e funzionale, offre agli oltre 7’000 (!!!) spettatori presenti ogni comodità per concentrarsi solamente sulla musica e sullo spettacolo proposto dai loro beniamini.
Orphaned Land
Quando entriamo nell’arena sono già all’opera gli israeliani Orphaned Land, che ci accolgono con melodie tipiche della loro terra, ovviamente impreziosite da inserti Metal. Il gruppo, a cui è stato più volte riconosciuto il merito di impegnarsi per la pace nel Medio Oriente, sembra a proprio agio di fronte al muro di fan dei Blind Guardian, e propone uno spettacolo decisamente valido. Le note scorrono fra gli spettatori come un caldo vento del deserto e i presenti rispondono con vigorosi applausi, dimostrando il loro apprezzamento. Il cantante del gruppo, Kobi Farhi, si muove con calma e con il suo abito nero - rigorosamente a piedi nudi - ricorda in maniera inquietante le sembianze di Gesù di Nazareth. La sua attitudine viene bilanciata da quella del bassista Uri Zelcha, letteralmente scatenato non appena la musica si alza di ritmo. Non conosco sufficientemente la band per valutare i singoli brani, ma lo spettacolo proposto è stato di alto livello e tutti i presenti hanno risposto in maniera calorosa. Il gruppo si è inoltre dimostrato molto umile, rendendosi disponibile per foto e autografi alla fine dello spettacolo.
Blind Guardian
Le luci dell’arena si spengono e dalle casse esce l’introduzione dell’ultimo album “Beyond the Red Mirror”, un inquietante canto gregoriano che subito mette in evidenza l’epicità del momento. I Blind Guardian appaiono nella semi oscurità e cominciano ad eseguire l’intricata “The Ninth Wave”, sempre tratta dall’ultimo lavoro. La scelta di affidare l’apertura a questo pezzo denota sicuramente coraggio, ma a parer mio non è stata del tutto vincente. La canzone è infatti lunga e complicata, di difficile digestione. Inoltre, i suoni un po’ confusi tipici dell’inizio di un concerto, hanno tolto anche un certo impatto, rendendo il tutto un po’ dispersivo.
Poco male comunque, poiché a risollevare le sorti ci pensa subito l’aggressiva “Banish from Sancutary”, seguita da “Nightfall”, pezzo che fa cantare per la prima volta tutto il pubblico a squarcia gola.
Il palco proposto dai bardi di Krefeld è piuttosto semplice, con un telone alle proprie spalle e sapienti giochi di luci più che sufficienti a rendere l’ambiente suggestivo. Il tutto a voler sottolineare che è la musica ad essere in primo piano. Ed in effetti le uniche pause che si concede il gruppo sono per ringraziare l’incredibile sostegno del pubblico, che non smette di cantare, muovere la testa e battere le mani.
Col proseguire del concerto i suoni vengono corretti e tutto suona un po’ più limpido, così che ci si può godere a pieno brani come “Fly” o “Lost in the Twilight Hall”.
Ad un certo punto sul palco compaiono dei seggiolini, segno evidente che è tempo del set acustico. I nostri deliziano gli astanti con la nuova “Miracle Machine” e l’immancabile “Lord Of the Rings”. L’esecuzione è da pelle d’oca - o da lacrime, per i più sensibili - e Hansi, che fin da subito si è mostrato in piena forma, sfoggia una prestazione vocale davvero notevole. La cosa sorprendente, è che terrà altissimi livelli fino alla fine dell’esibizione, con un attitudine più aggressiva del solito, forse dovuta alla motivazione di giocare i casa.
Seguono poi la lunghissima “And Then There Was Silence” - con ampio coinvolgimento del pubblico - e il finto finale “And the Story Ends”.
Acclamato dalla folla, il gruppo torna sul palco, e spara tre cartucce letali come “Into the Storm”, “Twilight of the Gods” e “Valhalla”, che fa da secondo finto finale.
Più acclamati ancora, i bardi ritornano e qui, nella città dove si è scritta la storia grazie a cori che hanno accompagnato una certa canzone, si cerca di ripetere la magia eseguendo “The Bard’s Song”. Come anni fa, anche in questo caso Düsseldorf risponde alla grande, e buona parte della canzone viene cantata a pieni polmoni dal pubblico, facendo venire i brividi a molti, ed entusiasmando la stessa band.
Il vero finale è poi affidato alla leggendaria “Mirror Mirror” che crea sfracelli nelle prime file. Il gruppo è pronto a salutare, ma viene bloccato da insistenti cori che inneggiano a “Majesty”. Come non accontentare un pubblico così fantastico? Hansi non ci pensa due volte e rimanda Frederik Ehmke dietro alla batteria, e che “Majesty” sia, per la gioia dei presenti, che sono riusciti a prolungare un po’ uno show spettacolare.
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