"Run, like you never did run before", corri, come non hai mai fatto prima d'ora. Con queste parole comincia il nuovo album degli Overkill "White Devil Armory", ed è meglio che vi mettiate a correre davvero, perché state per essere travolti da un fiume in piena, o forse sarebbe meglio parlare di un vecchio, sporco e arrugginito - ma impossibile da fermare - treno merci lanciato a piena velocità. La band del New Jersey - probabilmente fra le più sottovalutate a livello mondiale - è in stato di grazia e non ha intenzione di fare sconti a nessuno. Una freschezza compositiva quasi disarmante per un gruppo fondato nel 1980 vi colpirà con violenza. Le note sono state scritte per distruggere, e compiono perfettamente il loro dando vita ad un ruvido Thrash Metal forse non sempre originalissimo ma che farà la gioia di qualsiasi amante del genere.
Il disco, dopo una breve introduzione, parte in quarta, senza troppi convenevoli, con il micidiale singolo "Armorist", in cui subito viene alla luce la graffiante voce di Bobby "Blitz" Ellsworth e ancora di più l'impeccabile lavoro di Ron Lipnicki alla batteria.
La buona "Down To The Bone" è poi seguita da "PIG", un brano feroce con venature isteriche nel suo ritornello. Il disco prosegue, sempre compattissimo, sempre basato su riff di chitarra granitici e su strutture dei brani mai banali, anzi, spesso sorprendenti.
L'album vanta una produzione molto efficace ed è tutto godibile; gli americani non fanno mai calare l'interesse dell'ascoltatore. Ma in alcuni casi si raggiungono livelli di assoluta genialità. Mi riferisco in particolare al trittico di canzoni finale: "King Of The Rat Bastards"vi inghiottirà nel suo ritmo trascinante, studiato per scatenare il pogo nel pubblico e per scolpirvi il ritornello nelle meningi. Segue "It's All Yours", che nella sua maestosità metallica si lascia andare a sfuriate con venature del punk più selvaggio, ancora una volta l'ideale per distruggere un decadente locale di periferia. Conclude infine "In The Name", con un andamento folle e divertente, in cui Ellsworth è letteralmente scatenato negli acuti, portandoci, proseguendo nel brano, a cori da taverna di tempi ormai lontani.
Un mix esplosivo, riuscito... semplicemente bello. A sottolineare ancora una volta quanto questo gruppo sia sottovalutato.
VOTO: 9+/10
Il disco, dopo una breve introduzione, parte in quarta, senza troppi convenevoli, con il micidiale singolo "Armorist", in cui subito viene alla luce la graffiante voce di Bobby "Blitz" Ellsworth e ancora di più l'impeccabile lavoro di Ron Lipnicki alla batteria.
La buona "Down To The Bone" è poi seguita da "PIG", un brano feroce con venature isteriche nel suo ritornello. Il disco prosegue, sempre compattissimo, sempre basato su riff di chitarra granitici e su strutture dei brani mai banali, anzi, spesso sorprendenti.
L'album vanta una produzione molto efficace ed è tutto godibile; gli americani non fanno mai calare l'interesse dell'ascoltatore. Ma in alcuni casi si raggiungono livelli di assoluta genialità. Mi riferisco in particolare al trittico di canzoni finale: "King Of The Rat Bastards"vi inghiottirà nel suo ritmo trascinante, studiato per scatenare il pogo nel pubblico e per scolpirvi il ritornello nelle meningi. Segue "It's All Yours", che nella sua maestosità metallica si lascia andare a sfuriate con venature del punk più selvaggio, ancora una volta l'ideale per distruggere un decadente locale di periferia. Conclude infine "In The Name", con un andamento folle e divertente, in cui Ellsworth è letteralmente scatenato negli acuti, portandoci, proseguendo nel brano, a cori da taverna di tempi ormai lontani.
Un mix esplosivo, riuscito... semplicemente bello. A sottolineare ancora una volta quanto questo gruppo sia sottovalutato.
VOTO: 9+/10
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