A circa sei anni dall'ultimo "Nostradamus", e in seguito alle polemiche scatenate dall'annuncio di un tour d'addio parzialmente e un po' goffamente smentito, i Judas Priest - autentici mostri sacri dell'Heavy Metal - tornano sul mercato con un album intitolato "Redeemer Of Souls". Quando scrivo questa recensione il lavoro ha già ottenuto discrete posizioni nelle classifiche di tutto il mondo, come l'ottimo sesto posto negli Stati Uniti e in Svizzera, il quinto in Svezia e Canada, il terzo in Norvegia e Germania e il primo in Finlandia, senza contare i vertici nelle varie chart Rock o Metal.
Parto subito con il giudizio globale dell'album, che non può che essere buono. I Priest sono riusciti a comprimere in un solo disco una sorta di sunto della loro carriera (per quanto questo sia possibile), inserendoci sia influenze più recenti sia quelle provenienti da un passato che sembra ormai lontanissimo.
Sia ben chiaro, se vi aspettare bordate velocissime piene di acuti del buon vecchio Rob Halford rimarrete delusi. Le parti vocali alte si contano sulle dita di una mano e risultano secondarie nella struttura delle canzoni, tanto che sembrano essere state messe per far piacere ad alcuni. Lo storico vocalist - a differenza di quello che sostengono i maligni - è però tutt'altro che finito. Quello che negli anni ha perso in aggressività ed estensione vocale, lo ha guadagnato in teatralità ed espressività, fatto che impedisce al lavoro di avere cali di tensione.
Tra l'altro, il disco si presenta bene anche esteticamente, con una copertina favolosa: un inquietante essere con ali da angelo vi osserverà minacciosamente con i suoi occhi rossi, avvolto dalle fiamme.
La band britannica non poteva scegliere un inizio migliore per l'album: i primi tre brani sono assolutamente fantastici, partendo da "Dragonaut", seguita dalla già nota - grazie alle anteprime - "Redeemer Of Souls" e da "Halls Of Valhalla". Tutti e tre sono pezzi ritmati e coinvolgenti, sempre con ritornelli riusciti e che rimangono piuttosto facilmente in testa. In particolare la terza mi ha entusiasmato, anche grazie ad un ottimo e originale lavoro di Scott Travis alla batteria. La produzione è stata lasciata (volutamente?) piuttosto grezza, scelta che a mio modesto parere non è sbagliata, visto che dà ai brani una sorta di effetto un po' vintage.
Il lavoro poi continua con una naturalezza sconvolgente, come se fosse sempre stato presente e i Priest lo avessero solo tirato fuori da qualche sacra montagna del metallo. "Sword Of Damocles" e la pesante "March Of The Damned" (in cui le linee vocali ricordano stranamente le composizioni di Ozzy) sono brani dannatamente (appunto) buoni, e la sola "Down In Flames" non convince del tutto. Bene "Hell & Back", che sembra arrivare direttamente dagli anni '80, e addirittura ottima "Cold Blooded", un brano oscuro e tetro, un ambito in cui il gruppo sembra ormai dare il meglio di sè.
Bellissima poi anche la epica e intensa "Battle Cry", mentre l'album si conclude con la lenta - e a dire il vero un po' insignificante - "Beginning Of The End".
Ovviamente un appassionato della band come me non poteva lasciarsi scappare la "deluxe edition", che comprende ben cinque brani in più. Questi risultano godibili ma non aggiungono niente di clamoroso all'album. Unica eccezione: la bella "Tears Of Blood", che propone un riff di chitarra forse non originalissimo, ma decisamente riuscito.
C'è poco da fare, quando il talento scorre nelle vene, nemmeno l'età lo può scalfire, e i Judas Priest sono una dimostrazione di questo fatto.
VOTO: 8,5/10
Parto subito con il giudizio globale dell'album, che non può che essere buono. I Priest sono riusciti a comprimere in un solo disco una sorta di sunto della loro carriera (per quanto questo sia possibile), inserendoci sia influenze più recenti sia quelle provenienti da un passato che sembra ormai lontanissimo.
Sia ben chiaro, se vi aspettare bordate velocissime piene di acuti del buon vecchio Rob Halford rimarrete delusi. Le parti vocali alte si contano sulle dita di una mano e risultano secondarie nella struttura delle canzoni, tanto che sembrano essere state messe per far piacere ad alcuni. Lo storico vocalist - a differenza di quello che sostengono i maligni - è però tutt'altro che finito. Quello che negli anni ha perso in aggressività ed estensione vocale, lo ha guadagnato in teatralità ed espressività, fatto che impedisce al lavoro di avere cali di tensione.
Tra l'altro, il disco si presenta bene anche esteticamente, con una copertina favolosa: un inquietante essere con ali da angelo vi osserverà minacciosamente con i suoi occhi rossi, avvolto dalle fiamme.
La band britannica non poteva scegliere un inizio migliore per l'album: i primi tre brani sono assolutamente fantastici, partendo da "Dragonaut", seguita dalla già nota - grazie alle anteprime - "Redeemer Of Souls" e da "Halls Of Valhalla". Tutti e tre sono pezzi ritmati e coinvolgenti, sempre con ritornelli riusciti e che rimangono piuttosto facilmente in testa. In particolare la terza mi ha entusiasmato, anche grazie ad un ottimo e originale lavoro di Scott Travis alla batteria. La produzione è stata lasciata (volutamente?) piuttosto grezza, scelta che a mio modesto parere non è sbagliata, visto che dà ai brani una sorta di effetto un po' vintage.
Il lavoro poi continua con una naturalezza sconvolgente, come se fosse sempre stato presente e i Priest lo avessero solo tirato fuori da qualche sacra montagna del metallo. "Sword Of Damocles" e la pesante "March Of The Damned" (in cui le linee vocali ricordano stranamente le composizioni di Ozzy) sono brani dannatamente (appunto) buoni, e la sola "Down In Flames" non convince del tutto. Bene "Hell & Back", che sembra arrivare direttamente dagli anni '80, e addirittura ottima "Cold Blooded", un brano oscuro e tetro, un ambito in cui il gruppo sembra ormai dare il meglio di sè.
Bellissima poi anche la epica e intensa "Battle Cry", mentre l'album si conclude con la lenta - e a dire il vero un po' insignificante - "Beginning Of The End".
Ovviamente un appassionato della band come me non poteva lasciarsi scappare la "deluxe edition", che comprende ben cinque brani in più. Questi risultano godibili ma non aggiungono niente di clamoroso all'album. Unica eccezione: la bella "Tears Of Blood", che propone un riff di chitarra forse non originalissimo, ma decisamente riuscito.
C'è poco da fare, quando il talento scorre nelle vene, nemmeno l'età lo può scalfire, e i Judas Priest sono una dimostrazione di questo fatto.
VOTO: 8,5/10
Commenti
Posta un commento