Sua Metallitudine Rob Halford si ripresenta sul mercato con un album solista, e lo fa cercando di proporre cose più personali e sicuramente diverse da quelle ascoltate con lo storico nome dei Judas Priest. “Made Of Metal”, nonostante il nome, non è il classico disco d’assalto aggressivo e tagliente, ma mette anzi in mostra un lato del MetalGod più soft e in qualche modo introspettivo.
Gli anni passano per tutti, e la voce comincia lentamente a deteriorare anche per uno dei più grandi cantanti della storia: per nostra fortuna gli screaming allucinanti, ormai sempre più rari, vengono sostituiti da un carisma ed una teatralità fuori dal comune, che permettono al buon Rob di restare a galla anche dopo tutti questi anni di carriera.
I primi due brani dell’album - “Undisputed” e “Fire and Ice” - possono essere presi come esempio per descrivere tutto il cd: brani con dei riff di chitarra piuttosto accattivanti e anche decisi (ma con una produzione non troppo aggressiva) che sfociano in ritornelli che definire ruffiani è riduttivo. Tutto l’album è tappezzato di canzoni che alternano riff tipicamente Metal a parti cantante molto melodiche e canticchiabili, a volte con risultati eccellenti, come nel caso di “Speed Of Sound” e “Like There’s No Tomorrow”, altre volte meno, vedasi la title-track (inascoltabile) e “We Own the Night”.
Non mancano nemmeno alcune sorprese, come “Till the Day I Die”, brano blues-rock dal sapore fortemente americano, riuscitissimo, o la rockeggiante “Thunder and Lightning”, anch’essa molto bella. Merita una citazione anche “Matador”, brano ritmato con un ritornello che ricorda l’album “Nostradamus”.
L’album termina con “The Mower”, l’unico brano in screaming, oscuro, claustrofobico e violento, interessante ma forse un po’ fuori contesto. Nel globale l’album si fa ascoltare in modo piuttosto piacevole, anche se in alcuni momenti sembra più un esercizio di stile tanto per fare qualcosa di diverso dai Priest. Consigliato solo agli appassionati di Halford.
Voto: 7 / 10
Gli anni passano per tutti, e la voce comincia lentamente a deteriorare anche per uno dei più grandi cantanti della storia: per nostra fortuna gli screaming allucinanti, ormai sempre più rari, vengono sostituiti da un carisma ed una teatralità fuori dal comune, che permettono al buon Rob di restare a galla anche dopo tutti questi anni di carriera.
I primi due brani dell’album - “Undisputed” e “Fire and Ice” - possono essere presi come esempio per descrivere tutto il cd: brani con dei riff di chitarra piuttosto accattivanti e anche decisi (ma con una produzione non troppo aggressiva) che sfociano in ritornelli che definire ruffiani è riduttivo. Tutto l’album è tappezzato di canzoni che alternano riff tipicamente Metal a parti cantante molto melodiche e canticchiabili, a volte con risultati eccellenti, come nel caso di “Speed Of Sound” e “Like There’s No Tomorrow”, altre volte meno, vedasi la title-track (inascoltabile) e “We Own the Night”.
Non mancano nemmeno alcune sorprese, come “Till the Day I Die”, brano blues-rock dal sapore fortemente americano, riuscitissimo, o la rockeggiante “Thunder and Lightning”, anch’essa molto bella. Merita una citazione anche “Matador”, brano ritmato con un ritornello che ricorda l’album “Nostradamus”.
L’album termina con “The Mower”, l’unico brano in screaming, oscuro, claustrofobico e violento, interessante ma forse un po’ fuori contesto. Nel globale l’album si fa ascoltare in modo piuttosto piacevole, anche se in alcuni momenti sembra più un esercizio di stile tanto per fare qualcosa di diverso dai Priest. Consigliato solo agli appassionati di Halford.
Voto: 7 / 10
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