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Bruce Dickinson - Scream for me Sarajevo

Immaginatevi di essere un ragazzo qualunque, che gira per la sua città con i suoi amici e che ha come unico vero desiderio quello di suonare il proprio strumento musicale o di sentire l'ultimo album del suo gruppo preferito. È una situazione facile nella quale immedesimarsi, vero? Per quelli di noi con una certa età si tratta di un ricordo magari lontano, ma nitidissimo, per quelli più giovani è semplicemente la realtà. 

Forse, però, è più difficile immaginarsi l'improvvisa interruzione di tutto questo. Si comincia con qualche scaramuccia per le vie del centro, qualche singolo sparo, e ti viene da pensare: "sicuramente è passeggero, passerà presto". Ma poi tutto degenera e quella che sembrava una momentanea situazione di tensione si trasforma in un letale, massacrante e terrificante assedio alla città. Di punto in bianco, tutto quello che era normale - le uscite con gli amici, i concerti e le bevute - diventa semplicemente impossibile, perché anche solo camminando per strada si rischia di essere colpiti da uno dei numerosi cecchini presenti lungo il fronte, non importa che tu sia adulto, anziano o bambino. 

Proprio di questo parla il documentario "Scream for me Sarajevo", il documentario targato Bruce Dickinson che racconta una delle più incredibili, emozionanti e commoventi storie mai scritte nella storia della musica Metal. Più che una storia di guerra, possiamo però parlare di una storia di speranza. 

In una Sarajevo ormai dilaniata, perennemente colpita da colpi di mortaio e con buona parte dei palazzi distrutti o in fiamme, ad alcuni personaggi - che potremmo tranquillamente definire folli - viene in mente che alla popolazione farebbe bene un po' di distrazione. Perché non portiamo una Rock star a Sarajevo? È facile, lo portiamo qui, suona e poi se ne va. Sì, ma chi potrebbe mai accettare una cosa simile? Chi, se non un inglese che canta nel più grande gruppo Heavy Metal di sempre, tale Bruce Dickinson? 

Il documentario, che alterna interviste a chi era sotto assedio e a chi ha organizzato questo folle trasferimento, oltre ovviamente agli stessi membri della band e a Bruce in persona, narra le peripezie affrontate per arrivare ad uno show che sembrava impossibile, ma soprattutto ci fa capire quanto possa essere importante una cosa del genere per delle persone che soffrono e potrebbero morire in ogni istante per una guerra che, in fondo, non capiscono proprio. 

A mio avviso, in un'epoca di notizie velocissime in cui non facciamo più caso ad un attentato con 30 morti, a meno che non avvenga a casa nostra, questo documentario ha anche il pregio di essere raccontato con un ritmo e con una visuale che ci permette di riflettere davvero sulla drammaticità di certi avvenimenti. Uomini, all'epoca semplicemente dei ragazzini, in lacrime nel ricordare la guerra, ma in lacrime anche quando rievocano il momento di gioia provato quando - in mezzo al più totale sconforto - hanno visto apparire su un palco più o meno improvvisato il loro idolo di sempre, che ha sfidato le pallottole solo per loro. 

Già, perché non va sottovalutato nemmeno il coraggio dimostrato da Dickinson e dai suoi compagni di viaggio, che hanno accettato di dare sollievo alla popolazione con la semplice speranza che, forse, i cecchini avrebbero risparmiato il cantante degli Iron Maiden. 

Anche nei momenti più bui, la musica può venire in nostro soccorso, ci può far continuare a sognare anche quando pensiamo che ormai non ci sia più speranza. Una persona dai capelli lunghi e vestito con magliette che raffigurano inquietanti mostri, può essere il portatore di luce e di vita in un luogo in cui sembra esistere solo la more. 

VOTO: 10/10




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