A volte quando ci aspettiamo una cosa e ne arriva una totalmente diversa rimaniamo delusi. Altre volte, invece, questo effetto di spiazzamento si trasforma in gioia quando si scopre un potenziale totalmente inaspettato.
Questo ultimo concetto si sposa perfettamente con la più recente fatica dei Tankard. Il gruppo tedesco è sempre stato molto amato, ma anche estremamente sottovalutato, in particolare a causa dell'attitudine comica e irriverente, legata a doppio filo con la birra e altri alcolici. Diciamocelo chiaramente: è lo stesso quartetto di omoni a volere questa immagine, ed è sicuramente parte integrale del loro successo.
Questa volta però, nonostante la solita spassosa copertina, i Tankard sembrano essere più seri e affrontano tematiche anche delicate, come il devastante conflitto in Siria o le contraddizioni della religione. In compenso la musica di "One Foot in the Grave" - diciassettesimo album in studio - raggiunge livelli che mai erano stati sfiorati negli ultimi lavori: il disco è di una compattezza e di una voracità incredibile, con ogni singolo brano che è riconoscibile e degno di nota. Basta quindi con lavori che potevano contare su due o tre cavalli di battaglia, accompagnati da banali filler.
"Pay to Pray" parte subito come una cannonata dando il via alle danze. La ricetta non cambia rispetto al passato: un Thrash Metal veloce e potente che dietro di sé lascia solo terra bruciata. La produzione è poi calibrata con maestria, fatto che rende ancora più rocciose le già granitiche composizioni.
Nella title-track "One Foot in the Grave" si intravvede la nota ironia dei Tankard, che pur parlando di un tema che, purtroppo, ci riguarda tutti - ovvero l'avanzare dell'età - lo fanno con la loro solita voglia di scherzare, declamando frasi come: "No sex but brand new teeth". Semplicemente geniali.
Uno dei pezzi più riusciti è sicuramente l'impegnata "Syrian Nightmare", sia per il testo che sicuramente fa riflettere, sia per la violenza che si sprigiona inesorabilmente, anche grazie all'aggressività dell'imponente Andreas. L'album continua poi su ottimi livelli, con autentiche bordate come "Lock'Em Up!" e "Sole Grinder", che continuano col piede sull'acceleratore, ma senza mai stufare e regalando una certa varietà musicale.
L'esperienza di una carriera ultra trentennale si sente tutta, ma incredibilmente si percepisce anche una freschezza tipica delle band agli albori. Si può dire tutto dei Tankard, ma certamente non che hanno un piede nella fossa.
VOTO: 8+/10
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