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Deep Purple - Infinite

L'infinito è un concetto che il nostro cervello fatica a elaborare, probabilmente perché per esperienza sappiamo che tutte le cose - soprattutto quelle belle - inesorabilmente finiscono. Questo inquietante concetto vale purtroppo anche per il mondo della musica, dove perfino dei mostri sacri come i Deep Purple sono destinati al capolinea. Dopo aver scritto pagine e pagine di storia del Rock, i britannici hanno infatti annunciato che faranno il loro ultimo tour. Tutto questo non prima però di aver sfornato un nuovo album.
"Infinite", appunto, è l'evocativo titolo del lavoro, che contiene molte delle caratteristiche delle fatiche dell'ultima era, ovvero un rock elabotaro ma allo stesso tempo molto "cool", suonato in ambientazioni rilassate e senza niente da dover dimostrare al mondo. 
Il disco viene introdotto da una voce robotica, che lascia presto spazio alle note di "Time for Bedlam", un eccellente brano di apertura che ha la bizzara caratteristica di riuscire a essere tetro e in qualche modo festoso allo stesso tempo. Seguono la trascinante "Hip Boots" e quella che secondo me è una delle perle dell'album: "All I've Got Is You", un brano delicato ma comunque corposo, che mostra in pieno la classe di questi rocker 70enni.
Se c'è qualcosa che dal vivo stona ormai un po' nei Deep Purple è la voce di Ian Gillan, che non riesce più a eseguire gli acuti di cui era capace in passato. Poco male però, perché nel tempo lo stile della band è cambiato, e ora il cantante nato nei dintorni di Londra sfoggia una gradevole e pregevole voce blues, che si sposa benissimo con i nuovi pezzi.
I brani presenti continuano a regalare emozioni, a partire dalla godereccia e divertente "One Night in Vegas". Forse l'unico pezzo poco ispirato è invece "Get Me Outta Here", seguito in compenso da quella che è invece la composizione più riuscita: "The Surprising", un brano fortemente evocativo, con un arpeggio di chitarra tanto semplice quanto efficace, alternato nella parte centrale a un'esecuzione strumentale quasi mistica, il tutto accompagnato dalla profonda voce di Gillan. 
Un trip mentale non da poco si può effettuare anche con "Birds of Pray", che ricorda il lato più psichedelico del gruppo, mentre il disco si conclude con una cover dei Doors, un solido blues intitolato proprio "Roadhouse Blues".  
Per chi avesse scaricato tutto da iTunes, sono poi disponibili alcuni extra carini, come la versione dal vivo di "Strange Kind of Woman" o l'edizione reharsal di "Hip Boots".
Ancora una volta siamo quindi di fronte a un disco ben fatto, ben suonato e imbottito di tanta, ma tanta classe. Purtroppo però tutte le cose finiscono, soprattutto quelle belle...

VOTO: 8/10

 

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