È tempo di un nuovo capitolo - il settimo - per uno dei progetti più altisonanti nell’ambito del Metal melodico. Torna infatti l’opera metallica Avantasia, creata dalla vulcanica mente di Tobias Sammet.
Personalmente non ho seguito tutte le uscite di questo progetto e non posso quindi fare paragoni completi con gli altri lavori. Quel che è certo, è che la struttura è sempre quella: ricerca della melodia e un alto numero di ospiti, possibilmente dotati di grandi voci.
L’album - intitolato “Ghostlights” - parte con “Mystery of a Blood Red Rose”, un piacevole brano “up tempo” ideale da porre in apertura del disco. Forse il pezzo avrebbe potuto essere più incisivo con una maggiore valorizzazione delle chitarre, neo che troveremo grosso modo lungo tutto il lavoro, molto incentrato su voci, tastiere e orchestrazioni.
Segue la lunga e brillante “Le the Storm Descend Upon You”, dove entra in scena uno dei protagonisti assoluti del disco: Jorn Lande, con la sua magistrale ed evocativa voce. Il buon Sammet, da buon padrone di casa, è sempre presente, e se la cava piuttosto bene. Il paragone con gli ospiti è però a volte quasi imbarazzante, e non solo nel caso di Lande.
Si registrano poi un paio di passi falsi, come l’insignificante - nonostante la presenza del mitico Dee Snider - “The Hunting” e la poco coinvolgente “Seduction of Decay”, con Geoff Tate dietro al microfono.
Le sorti del lavoro si risollevano poi con la veloce “Ghotslights”, dove fa la sua comparsa il Signore degli acuti Michael Kiske, seguita dalla bellissima e goticheggiante “Draconian Love”, con la profonda e intrigante voce di Herbie Langhans (cantante dei Sinbreed), e da “Master of the Pendulum”, pezzo che ricorda vagamente i Nightwish, e non a caso vede come ospite Marco Hietala.
Di nuovo passi falsi poi, con la noiosa ballatona con voce femminile (Sharon den Adel) “Isle of Evermore” e l’inutile “Babylon Vampyres”.
Poi si arriva in compenso al momento più alto di tutto l’album, ovvero il brano “Lucifer”. Un pezzo in crescendo, con un Lande a livelli stratosferici, da pelle d’oca. Anche “Unchain the Light”, di nuovo con Kiske, si difende piuttosto bene.
Ascoltando questo lavoro si ha comunque l’impressione di essere su delle montagne russe, fra continui alti e bassi, con qualche perla, ma anche con qualche passaggio assolutamente insignificante.
VOTO: 6,5/10
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