Devo ammetterlo, per me è ormai veramente difficile recensire un album dei Children Of Bodom. Quelli che sono stati dei veri e propri ragazzini prodigio della scena Metal, e per anni fra i miei musicisti preferiti, ormai sono cresciuti, e sono lontani anni luce dalle sonorità degli esordi.
Con i loro primi dischi i finlandesi mi avevano letteralmente fanno innamorare del loro melodic death metal: un mix fra melodie e brutalità, un inquietante e selvaggio balletto fra voce animalesca e tastiere vellutate, una furia omicida con un’ammaliante venatura barocca.
Col tempo però le cose cambiano, e i bambini di Bodom hanno scelto sonorità che mi piace definire “più americane”, il loro stile è diventato più diretto ma, a mio avviso, anche più anonimo e meno originale. Poco male comunque, visto che il successo a livello discografico ha dato nettamente ragione a loro, e non ai gusti del sottoscritto umile scribacchino.
Il nono disco della band capitanata da Alexi “Wildchild” Laiho, intotlato “I Worship Chaos”, si presenta splendidamente, con una riuscitissima copertina raffigurante l’ormai familiare morte munita di falce, questa volta posta in un giallognolo scenario post apocalittico.
Dal punto di vista musicale l’album in qualche modo fa dei piccoli passi in direzione del passato: pur rimanendo infatti saldamente un lavoro dal sound “moderno”, il lavoro delle tastiere ricorda in alcuni frangenti i fasti degli esordi, dando un senso di rotondità e respiro alle canzoni. Inutile dire che la produzione e l’esecuzione dei musicisti sono perfette. Formalmente quindi, parliamo di un disco estremamente professionale e privo di sbavature.
Quello che però manca è il colpo di genio. Tutti i pezzi bombarderanno le vostre orecchie in maniera piacevole, scorrevole e a volte persino appassionante. Ma nessuno di questi brani colpisce particolarmente, e quel che è peggio è che non rimane una particolare voglia di riascoltare il disco. “I Hurt”, “My Bodom”, “I Worship Chaos” o “Suicide Bomber” sono tutti pezzi belli, ma non bellissimi; che si lasciano ascoltare, ma che non fanno gridare al miracolo.
Nella versione limitata è possibile trovare tre cover: “Mistress of Taboo” dei Plasmatics, “Danger Zone” di Kenny Loggins e “Black Winter Day” degli Amorphis. Come sempre la band di Espoo è abile nel riproporre pezzi altrui, e si tratta sicuramente di aggiunte divertenti e interessanti al lavoro.
Il potenziale del gruppo rimane grandissimo, e si sente, ma personalmente aspetto con impazienza un nuovo guizzo veramente geniale.
VOTO: 6+/10
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