Il bello di essere una delle più grandi band della storia, è che si può agire come meglio si crede. E così, in un'epoca in cui l'ascoltatore medio ha la capacità di concentrazione di un criceto lobotomizzato, gli Iron Maiden tornano sul mercato dopo cinque anni di assenza con un doppio album della durata totale di un'ora e mezza.
Dopo due lavori per lo meno controversi, "The Book Of Souls" era attesissimo e carico di emotività a causa dei problemi di salute - per fortuna brillantemente superati - che hanno colpito il cantante Bruce Dickinson, che si è reso conto del male proprio in fase di registrazione.
Già in apertura, con la bella e ariosa "If Eternity Should Fail", si capisce che la band britannica è ispirata come non si sentiva da tempo, e le sensazioni che scaturiscono dal primo brano - stranamente un mid tempo - ricordano vagamente l'epoca di "Brave New World", a parere di chi scrive l'ultimo album veramente riuscito. Il pezzo veloce segue comunque subito dopo: si tratta del validissimo singolo "Speed Of Light", brano divertente ed energico, con un ritornello da cantare a pieni polmoni durante i concerti.
I suoni dell'album sono quelli tipici degli ultimi album, grazie all'ennesima collaborazione con lo storico produttore Kevin Shirley. Molti pezzi risultano epici, di gran respiro, in molti casi con un'effetto da pelle d'oca praticamente assicurato, vedasi ad esempio "The Great Unknow" o la stessa "The Book Of Souls".
A differenza del precedente disco - "The Final Frontier" - anche quando il minutaggio delle canzoni cresce, non si arriva mai alla noia. I brani risultano sempre coerenti e compatti, e le parti presenti danno l'impressione di esserci perché ci devono essere, evitando così un fastidioso effetto "collage". L'unico pezzo del primo cd - ma anche dell'intero album - che non convince è "The Red and The Black", che sembra allungato in maniera artificiale, con la presenza di un coro da stadio che suona piuttosto forzato.
Nel secondo disco, poi, si incontrato momenti di pura poesia. Già il rapido brano d'apertura "Death Or Glory" fa sognare. "Shadows Of The Valley" è semplicemente stupenda e da lacrime risulta "Tears Of A Clown", coinvolgente composizione dedicata allo scomparso attore Robin Williams. L'autentico capolavoro è però "Empire Of The Clouds": questa canzone scritta da Dickinson, posta alla fine del lavoro, riesce a durare ben 18 minuti senza cali di tensioni. Con un inizio delicatissimo e sognante, narra la triste storia del dirigibile R101, e con inserti strumentali, prima calmi poi letteralmente furiosi, ci accompagna alla sua fine, che provocò la morte di 48 persone.
Gli Iron Maiden sono ancora vivi e vegeti, e non so voi, ma io non vedo davvero l'ora di sentire le nuovi canzoni dal vivo.
VOTO: 9/10
Dopo due lavori per lo meno controversi, "The Book Of Souls" era attesissimo e carico di emotività a causa dei problemi di salute - per fortuna brillantemente superati - che hanno colpito il cantante Bruce Dickinson, che si è reso conto del male proprio in fase di registrazione.
Già in apertura, con la bella e ariosa "If Eternity Should Fail", si capisce che la band britannica è ispirata come non si sentiva da tempo, e le sensazioni che scaturiscono dal primo brano - stranamente un mid tempo - ricordano vagamente l'epoca di "Brave New World", a parere di chi scrive l'ultimo album veramente riuscito. Il pezzo veloce segue comunque subito dopo: si tratta del validissimo singolo "Speed Of Light", brano divertente ed energico, con un ritornello da cantare a pieni polmoni durante i concerti.
I suoni dell'album sono quelli tipici degli ultimi album, grazie all'ennesima collaborazione con lo storico produttore Kevin Shirley. Molti pezzi risultano epici, di gran respiro, in molti casi con un'effetto da pelle d'oca praticamente assicurato, vedasi ad esempio "The Great Unknow" o la stessa "The Book Of Souls".
A differenza del precedente disco - "The Final Frontier" - anche quando il minutaggio delle canzoni cresce, non si arriva mai alla noia. I brani risultano sempre coerenti e compatti, e le parti presenti danno l'impressione di esserci perché ci devono essere, evitando così un fastidioso effetto "collage". L'unico pezzo del primo cd - ma anche dell'intero album - che non convince è "The Red and The Black", che sembra allungato in maniera artificiale, con la presenza di un coro da stadio che suona piuttosto forzato.
Nel secondo disco, poi, si incontrato momenti di pura poesia. Già il rapido brano d'apertura "Death Or Glory" fa sognare. "Shadows Of The Valley" è semplicemente stupenda e da lacrime risulta "Tears Of A Clown", coinvolgente composizione dedicata allo scomparso attore Robin Williams. L'autentico capolavoro è però "Empire Of The Clouds": questa canzone scritta da Dickinson, posta alla fine del lavoro, riesce a durare ben 18 minuti senza cali di tensioni. Con un inizio delicatissimo e sognante, narra la triste storia del dirigibile R101, e con inserti strumentali, prima calmi poi letteralmente furiosi, ci accompagna alla sua fine, che provocò la morte di 48 persone.
Gli Iron Maiden sono ancora vivi e vegeti, e non so voi, ma io non vedo davvero l'ora di sentire le nuovi canzoni dal vivo.
VOTO: 9/10
ottima recensione, bell'album!
RispondiEliminaGrazie :)
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