Siamo solamente nel mese di febbraio, eppure mi trovo a recensire un album che molto probabilmente si aggiudicherà il titolo di... "peggior copertina del 2014". Gli Iced Earth, per il loro "Plagues of Babylon", hanno evidentemente voluto creare ambientazioni cupe e minacciose, ma l'artwork risulta fin troppo putrescente e grezzo, tanto da sembrare più adatto ad una band splatter che non ai patriottici americani.
Ciò che conta è comunque la musica. E in realtà anche da questo punto di vista non mancavano le incognite. Il gruppo capitanato da Jon Schaffer negli ultimi anni è stato infatti flagellato da continui cambi di cantante: dal fantastico e profondo Matthew Barlow, al pirotecnico "Ripper" Owens, di nuovo Barlow e infine l'attuale Stu Block. Il tutto lascia un po' l'amaro in bocca, perché una formazione stabile - magari con un Barlow ispirato - avrebbe consentito al quintetto di raggiungere vette più alte, con una definitiva consacrazione nell'olimpo del metallo.
Con questa nuova opera Schaffer sembra cercare un nuovo equilibrio, un tentativo di compattare le energie per tornare in grande stile. La band decide di cominciare con un brano - title-track dell'album - lungo e articolato, fortemente evocativo. I ritmi sono cadenzati, pesanti, ma con un'ariosa apertura in fase di ritornello. In breve tempo si capisce che questo è un po' il filo conduttore del lavoro. Le ambientazioni rimangono infatti quasi costantemente cupe, con un tipico altalenarsi di rabbia furiosa e malinconia struggente. Inoltre, si nota una ricerca quasi assillante del ritornello perfetto, come a voler trovare la melodia vincente, che ti entri nel cervello senza lasciarlo mai più. In alcuni frangenti si notano poi richiami al mitico "Something Wicked This Way Comes", e non a caso circa la metà dei testi riprende le stesse tematiche.
I brani, a dimostrazione della classe dei musicisti in questione, sono praticamente tutti gradevoli, ed è interessante come moltissimi di questi siano stati scritti proprio da Block (che tra l'altro fornisce una notevole prestazione con un'ampissima estensione vocale) assieme a Schaffer. In "Among the Living Dead" troviamo la preziosa apparizione di Hansi Kürsch (Blind Guardian), ma la parte veramente forte del disco si incontra poco oltre metà strada, quando si susseguono "The End?", probabilmente il pezzo più riuscito, la bellissima e struggente "If I Could See You", e la minacciosa "Cthulhu": un terzetto da pelle d'oca!
La produzione del disco - per fortuna - non è eccessivamente "pompata", ma anzi alcuni suoni, ad esempio quelli della batteria di Raphael Saini (ospite d'eccezione), sono lasciati piuttosto grezzi, fatto che a mio avviso valorizza il lavoro del gruppo.
Forse non siamo ancora al livello dei tempi d'oro, ma gli Iced Earth sono vivi e vegeti, e lasciano ben sperare per il futuro.
VOTO: 7+/10
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