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Led Zeppelin - Celebration Day

Capita molto spesso, in qualunque parte del mondo, che un gruppo di persone decida di prendere in mano i propri strumenti musicali per creare una band. Quello che invece succede molto più raramente, è che questi musicisti riescano a creare, apparentemente senza alcuno sforzo eccessivo, un'alchimia incredibile, che gli permette di scrivere canzoni che rimangono scolpite nella storia. Composizioni che sembrano vive, e continuano a mutare nel corso del tempo con reinterpretazioni dal vivo, o semplicemente con riproposizioni da parte di altri gruppi che si ispirano alla magia di quelle stesse note.
Inutile dirlo, i Led Zeppelin sono fra queste rare entità sovrannaturali. Come ogni incantesimo, basta però un piccolo dettaglio a spezzare tutto, e fu così anche per loro, quando il 25 settembre 1980 il batterista John Bonham perì a causa di una giornata ad altissimo tasso alcolico.  Un gruppo così, unito da legami a noi umani impossibili da comprendere, non poteva andare avanti, e non poteva nemmeno ripresentarsi dal vivo, se non in occasioni molto particolari.
La scomparsa del fondatore della Atlantic Records, loro caro amico, spinge i membri rimanenti a organizzare uno show in suo onore, ovviamente a casa, nella cara vecchia Londra. E per loro fortuna, un pizzico di quella magia che la morte ha così brutalmente portato via, è ancora possibile trovarla. Dove? Ovviamente nel sangue che scorre nelle vene di Jason Bonham, figlio di John.
Il DVD/CD "Celebration Day" non è quindi la semplice registrazione di un concerto, ma la documentazione filmata del ritorno sul nostro mondo, sconvolto dalle crisi economiche, dei sogni che solo la vera musica può portare.
E così, eccoli li, sul palco della O2 Arena, il 10 dicembre 2007, davanti a 21'000 fortunati che hanno avuto la meglio su altre 20 milioni di persone che avevano cercato di accaparrarsi il biglietto. Un dato inserito nel Guinness dei Primati. Un palco che tra le altre cose si rivela sì sapientemente studiato e con luci calibrate alla perfezione, ma minimalista, con quattro musicisti e i loro strumenti, con alle loro spalle un grande schermo che mostra immagini del concerto alternate a colori e mistiche figure.
Quasi a non voler sconvolgere troppo un pianeta ormai abituato a canzoni troppo "facili", il quartetto comincia con pezzi dalla struttura non eccessivamente complessa, come "Good Times Bad Times" e la bellissima "Ramble On", ma è con la mitica "Black Dog" che si entra in vero clima Led Zeppelin.
La prestazione del gruppo è ovviamente magistrale e la rara alchimia di cui abbiamo parlato è ancora presente, per la gioia delle nostre orecchie. E così Robert Plant ci delizia con la sua voce fantastica e Jimmy Page - forse un po' meno preciso rispetto ai tempi d'oro - crea con la sua chitarra atmosfere a tratti magiche e a tratti inquietanti. Il bassista (e non solo) John Paul Jones lavora con precisione, ed esteticamente il tempo sembra essere stato clemente con lui. Dietro le pelli Bonham compie il suo dovere con precisione ed entusiasmo.
Il concerto entra in una spirale psichedelica impossibile da fermare, ci sorprendiamo rapiti dall'andamento letteralmente ipnotico di veri capolavori come "Dazed and Confused", con Page che munito di archetto da violino sfoggia pose da star, e "Kashmir". Non solo psichedelia, ma anche tocchi delicati, quando è il tempo di "Stairway to Heaven", da alcuni considerata la più bella canzone della storia, con un assolo di chitarra da pelle d'oca. Il finale è affidato alla potenza e al ritmo, con una "Whole Lotta Love" accolta dalle urla di giubilo degli spettatori, e con "Rock and Roll".
Poi le luci si spengono, le porte si aprono e la gente torna alle proprie vite. La magia, che come una nebbia ha avvolto per una lotte Londra, si dirada, e chissà se mai tornerà.

VOTO: 10/10



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