I concerti dei grandi gruppi hanno sempre un certo fascino, una particolarità che li rende magici. Ma quando queste esibizioni si svolgono in un luogo talmente antico da sembrare senza tempo, oltretutto posto in una città magnifica, quello che doveva essere un semplice concerto si trasforma in un evento senza pari. Stiamo parlando dell'Arena di Verona, luogo costruiro circa 2'000 anni fa per ospitare le sfide fra gladiatori e bestie feroci e che oggi è noto soprattutto per gli spettacoli di Opera lirica all'aperto.
Questa volta però non ci sono né leoni né tenori, ma i leggendari Deep Purple - forse il gruppo Hard Rock in attività più famoso del pianeta -, che per l'occasione hanno deciso di portarsi dietro un'intera orchestra sinfonica (!). Essendo l'unica data italiana dei britannici, l'Arena è gremita fino all'inverosimile, con oltre 12'000 rockers comodamente appollaiati sui nobili seggiolini, e l'aria che si respira è assolutamente unica.
Parlando di orchestre sinfoniche, in molti si aspettavano una scaletta improntata sui brani più lenti e drammatici, ma niente di questo potrebbe essere più falso, e basta l'inizio dello show a farlo capire. Dopo una breve introduzione strumentale, il quintetto balza sul palco con una potentissima "Highway Star". Gli archi, le percussioni e i fiati non vengono usati per sottolineare le melodie, ma per creare un autentico muro sonoro dalle dimensioni colossali. Il pubblico assiste a bocca aperta e alla fine di ogni brano partono standig ovations da diverse zone delle tribune.
Abbiamo parlato di potenza, abbiamo parlato di magia e di unicità, ma non dimentichiamoci che questo è un concerto dei Deep Purple, e il lato forse più incredibile proposto dalla band è la tecnica. Ogni strumento ha a disposizione almeno un assolo, e a differenza di molti altri gruppi, la cosa non risulta mai noiosa e mai banale, ma anzi grandiosamente trascinante. Personalmente ho apprezzato particolarmente le acrobazie di Don Airey, che con il suono della sua tastiera mi ha letteralmente proiettato in un'altra dimensione. Come non parlare poi del mitico Ian Gillan? Che ha sfoderato una voce quasi come quella dei tempi d'oro.
Lo spazio per delle parti più lente comunque c'è, e vi assicuro che sentire "When a Blind Man Cries" - già di per sè uno dei brani più commoventi mai scritti, - con l'accompagnamento orchestrale è qualcosa di incredibile. Il tripudio assoluto viene però raggiunto con i grandi e inossidabili classici: il set regolare di canzoni termina con l'immortale "Smoke On The Water", che nel contesto assume una potenza devastante, tanto che per un attimo ho temuto di vedere l'antica arena crollare sotto i colpi della chitarra elettrica di Steve Morse. Il bis è poi affidato ad una allungata "Hush" e alla leggendaria "Black Night". La conclusione del tutto è quasi scontata, con il pubblico in piedi ad applaudire e con gli occhi lucidi.
Saranno anche vecchi, ma se i giovani gruppi suonassero così, la musica di oggi sarebbe decisamente migliore...
Foto realizzate con lo storico Nokia N95 di Lucia Casini ;)
Questa volta però non ci sono né leoni né tenori, ma i leggendari Deep Purple - forse il gruppo Hard Rock in attività più famoso del pianeta -, che per l'occasione hanno deciso di portarsi dietro un'intera orchestra sinfonica (!). Essendo l'unica data italiana dei britannici, l'Arena è gremita fino all'inverosimile, con oltre 12'000 rockers comodamente appollaiati sui nobili seggiolini, e l'aria che si respira è assolutamente unica.
Parlando di orchestre sinfoniche, in molti si aspettavano una scaletta improntata sui brani più lenti e drammatici, ma niente di questo potrebbe essere più falso, e basta l'inizio dello show a farlo capire. Dopo una breve introduzione strumentale, il quintetto balza sul palco con una potentissima "Highway Star". Gli archi, le percussioni e i fiati non vengono usati per sottolineare le melodie, ma per creare un autentico muro sonoro dalle dimensioni colossali. Il pubblico assiste a bocca aperta e alla fine di ogni brano partono standig ovations da diverse zone delle tribune.
Abbiamo parlato di potenza, abbiamo parlato di magia e di unicità, ma non dimentichiamoci che questo è un concerto dei Deep Purple, e il lato forse più incredibile proposto dalla band è la tecnica. Ogni strumento ha a disposizione almeno un assolo, e a differenza di molti altri gruppi, la cosa non risulta mai noiosa e mai banale, ma anzi grandiosamente trascinante. Personalmente ho apprezzato particolarmente le acrobazie di Don Airey, che con il suono della sua tastiera mi ha letteralmente proiettato in un'altra dimensione. Come non parlare poi del mitico Ian Gillan? Che ha sfoderato una voce quasi come quella dei tempi d'oro.
Lo spazio per delle parti più lente comunque c'è, e vi assicuro che sentire "When a Blind Man Cries" - già di per sè uno dei brani più commoventi mai scritti, - con l'accompagnamento orchestrale è qualcosa di incredibile. Il tripudio assoluto viene però raggiunto con i grandi e inossidabili classici: il set regolare di canzoni termina con l'immortale "Smoke On The Water", che nel contesto assume una potenza devastante, tanto che per un attimo ho temuto di vedere l'antica arena crollare sotto i colpi della chitarra elettrica di Steve Morse. Il bis è poi affidato ad una allungata "Hush" e alla leggendaria "Black Night". La conclusione del tutto è quasi scontata, con il pubblico in piedi ad applaudire e con gli occhi lucidi.
Saranno anche vecchi, ma se i giovani gruppi suonassero così, la musica di oggi sarebbe decisamente migliore...
Foto realizzate con lo storico Nokia N95 di Lucia Casini ;)
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