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Sonisphere Switzerland - Day 1 - 23.06.2011

Introduzione
Dopo il disastro meteorologico/organizzativo dell'anno scorso il Sonisphere Switzerland torna alla carica sotto una nuova veste decisamente più professionale. L'evento si svolge infatti a Basilea - e non più nella sconosciuta e minuscola Jonschwil - nella zona St. Jakob, e propone addirittura 4 palchi, tutti a prova anche delle peggiori condizioni climatiche. Inoltre, dei comodi collegamenti permettono di raggiungere la stazione centrale di Basilea in pochissimi minuti. Insomma, questa volta le premesse per gustarsi le grandi band presenti ci sono tutte!

Whitesnake
Durante la prima serata di concerti facciamo conoscenza con il "Saturn Stage", piazzato all'interno della St. Jakob arena, un capiente palazzetto dello sport. Poco dopo la nostra entrata comincia l'esibizione dei Whitesnake, che da subito riempiono il posto di sonorità che trasudano di anni '80. Il mitico Coverdale non ha più la voce di una volta, ma con i suoi continui ancheggiamenti e pose da rock star manda in estasi buona parte del pubblico femminile. Gli astanti dimostrano di conoscere bene le canzoni del gruppo, soprattutto quelle più datate, come "Here I Go Again", che fa la gioia di tutti i presenti. Buona prestazione quindi, anche se tutti sono qui per un altro motivo...

Judas Priest
Non smetteranno di scrivere album e forse faranno anche qualche concerto qua e là, ma questo è l'ultimo tour mondiale per il gruppo che ha letteralmente inventato la musica Metal come la conosciamo oggi, e quindi probabilmente anche l'ultima occasione per vederli dal vivo nella piccola Svizzera. Un grande telone con la scritta "Epitaph" - evocativo nome del tour - copre il palco, ma presto una breve intro seguita da un'adrenalinica "Rapid Fire" scoprono una classica scenografia a due piani, decorata con grosse catene. La prestazione sembra da subito di quelle memorabili e nonostante un'audio piuttosto impastato scatena l'entusiasmo del pubblico. Gli occhi sono tutti puntati sul nuovo chitarrista Richie Faulkner, che ha il difficilissimo compito di sostituire K.K. Downing, che faceva parte della band addirittura dal 1969! Il ragazzo se la cava molto bene, e dopo poco tempo francamente nessuno fa più caso alla sostituzione.
Lo show scorre in modo intenso e Halford, nonostante gli anni che passano, riesce a fornire una prestazione pressoché perfetta, senza nemmeno risparmiarsi troppo negli acuti.
Essendo una sorta di concerto d'addio i Priest cercano di pescare praticamente da tutti gli album: così troviamo tutti i classici inossidabili, da "Metal Gods" a "The Sentinel", da "Turbo Lover" a "Heading Out To The Highway", fino addirittura a "Starbreaker" e "Blood Red Skies". Come detto, non mancano nemmeno pezzi recenti, e così troviamo una pesantissima "Judas Rising" ed un'affascinante "Prophecy". Luci ben calibrate, fumo e giochi pirotecnici accompagnano il tutto rendendo lo show memorabile. Per concludere alla grande non potevano poi mancare una "Painkiller" da urlo, una "Breaking the Law" fatta cantare TUTTA solo dal pubblico (momento letteralmente da brividi) e una festaiola "Living After Midnight", che mette la parola fine allo spettacolo, in un misto fra gioia di aver visto un grande concerto e tristezza, dovuta al fatto che potrebbe essere stato l'ultimo. Lunga vita ai Judas Priest.


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